lunedì 17 maggio 2010

Ruggero Perugini - Intervista su La Nazione - 17 gennaio 1993

Il 15 luglio 1992, il quotidiano La Nazione, pubblicò l'intervista al dott. Ruggero Perugni che segue.
Dottor Perugini, quando ha cominciato a credere che il Pacciani fosse il maniaco delle coppiette, l’inafferrabile assassino?
Quando ho visto che non riuscivo a trovare nessun elemento per escluderlo, mi sono chiesto se era lecito non fare tutto per cercare gli elementi della sua colpevolezza.
Pacciani come mostro: è credibile?
Non esiste un’immagine del mostro, esiste un identikit psicologico dell’autore dei delitti che ha le caratteristiche riferibili a tutti i “serial killer” e che è totalmente difforme dall’immagine collettiva.
Quali sono queste caratteristiche?
Ne posso citare solo alcune: il basso livello culturale, il fatto che si tratti di un selfmademan, un uomo che fa mille mestieri e nessuno in particolare, una persona spinta dalla sua stessa mania a essere superficiale. Una persona per la quale la mania è il solo interesse. Ecco dunque l’influenza negativa che possono aver avuto gli stereotipi. C’è voluto molto tempo infatti per liberarci di queste immagini preconfezionate e lavorare finalmente sui dati scientifici obiettivi e su prove provate.
Dottor Perugini, esistono gli insospettabili in un’inchiesta come questa e, se esistono, chi sono?
In genere la gente crede che quelle persone siano i più diretti interessati, medici, avvocati, professionisti, che in realtà sono proprio i primi ad essere sospettati. Chi è più insospettabile, infatti, di una persona come Pacciani, così lontana dall’immagine che la collettività si è creata del mostro di Firenze?
Un’indagine come questa costa sacrifici?C’è un altissimo prezzo personale da pagare per immedesimarsi in una certa personalità e comprenderla a fondo. Ma è un prezzo che, per una vicenda crudele come questa, per un investigatore, non è possibile non pagare. E si paga anche in una moneta preziosa come il tempo: per ben tre anni, ancor prima di essere incaricato della Sam, ho studiato la vicenda dal punto di vista criminologico facendo avanti ed indietro con Modena tutti i fine settimana. Non si tratta di parapsicologia, ma di arida tecnica professionale. Ma tutto questo comporta ripercussioni anche nella sfera del privato.
Quando è divenuto capo della Sam era ottimista o pessimista?
Ho sempre cercato solo prove, concentrando gli sforzi per non avere rimorsi.
Ma alla fine è riuscito ad entrare un pò nella mentalità e nel modo di pensare di Pacciani?
C’è una massima di Confucio che spiega abbastanza bene come sono andate le cose. Suona all’incirca così: "Osserva un uomo nei fatti e non nelle parole. Quando avrai capito qual’è lo scopo della sua vita, lo avrai capito". Abbiamo cercato, tutti noi della Sam, di averla sempre presente questa massima e di non lasciarci neanche sfiorare dalle sin troppo facili suggestioni.
Tre aggettivi per definire Pacciani.Raro, multiforme, dissimulatore.
Rif.1 - La Nazione - 17 gennaio 1993 pag.x

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