mercoledì 2 gennaio 2013

Relazione introduttiva del P.M. - Udienza del 21 aprile 1994 - Prima parte

Presidente: Signori buongiorno. State pure comodi. Allora, l'imputato è presente assistito dai suoi difensori: avvocati Fioravanti e Bevacqua. Le parti civili... abbiamo segnato chi è presente? Ecco. Allora possiamo cominciare senz'altro. Per favore niente fotografie, soprattutto niente flash. L'ho appena detto. Eh? Benissimo. Signor Pubblico Ministero, allora, a lei la parola per la relazione introduttiva. Prego. 
P.M.: Signor Presidente e signori Giudici... 
Presidente: Non si sente bene, però. O è spento il microfono... vogliamo vedere? Ecco, perfetto. Benissimo. 
P.M.:Dicevo, l'articolo 493 del Codice di Procedura Penale dispone che, all'inizio del dibattimento, il Pubblico Ministero espone concisamente quelli che sono i fatti oggetto dell'imputazione e quelle che sono le prove, o meglio, i mezzi di prova di cui il Pubblico Ministero chiede l'ammissione. Ora comprenderete, signori Giudici, come, in un processo come quello che inizia oggi, non sarà facile per il Pubblico Ministero essere conciso in nessuna delle fasi processuali, perché questo è un processo complesso, è un processo difficile per tutte le parti - ci auguriamo tutti che sia un processo unico per il nostro Paese - e non può essere affrontato dal Pubblico Ministero concisamente, come dice il Codice, neppure nella esposizione introduttiva. È un processo difficile e complesso, dicevo, per una serie di ragioni. In primo luogo perché è sufficiente la semplice lettura dei capi di imputazione, per rilevare come quello a carico di Pacciani… che, quello a carico di Pacciani, è un processo per fatti numerosi, di una gravità inaudita. Con un rilevante numero di episodi criminosi: otto omicidi; con un alto numero di vittime: sedici vittime; con un lunghissimo arco di tempo in cui l'autore ha agito: ben diciassette anni. Sono fatti - questo è importante averlo ben presente oggi - che non sono agevoli da ricostruire, lo dobbiamo riconoscere. Lo vedrete voi stessi quando vi saranno mostrate le foto agghiaccianti che sono state effettuate al momento dei sopralluoghi nei singoli delitti. Quando voi dovrete constatare con me la crudeltà, la ferocia direi, con cui l'autore dei delitti ha operato soprattutto su alcune vittime di sesso femminile. Quando constaterete voi - in quelle foto agghiaccianti, dicevo - la entità, la vastità delle asportazioni mai viste prima - per lo meno nel nostro Paese, per quel che si sa – che l'autore ha operato su alcune vittime subito dopo la consumazione degli omicidi. È un processo difficile e complesso, dicevo, in secondo luogo perché è passato un lungo arco di tempo - forse troppo lungo, ma non dipende da nessuno - fra gli omicidi e il processo. Basta pensare che il primo fatto addebitato all'imputato è del 1968, l'ultimo è del 1985. È già ormai lontano nel tempo. Questo ha una conseguenza nel processo, una conseguenza importante: difficoltà, non la neghiamo, di ricostruzione nei particolari di episodi lontani; difficoltà per noi e per voi di essere precisi nella ricostruzione; difficoltà soprattutto nei ricordi dei testi che da oggi verranno sentiti. Li aiuteremo, ove è possibile, con le immagini che furono riprese al momento dei fatti. È un processo complesso e difficile, dicevo, in terzo luogo per un altro motivo, forse il più importante. Perché è un processo indiziario per il quale, nel corso delle lunghe indagini, non sono state raccolte ad oggi, prove dirette della responsabilità dell'imputato. Tanto meno ci sono ammissioni, neppure parziali, nemmeno su circostanze secondarie da parte dell'imputato. A questo proposito dobbiamo mettere in evidenza subito una circostanza: che l'imputato nel suo pur legittimo - più che legittimo - diritto di respingere le accuse ha tenuto, nei confronti di chi indagava, un atteggiamento di totale chiusura. Legittimo. Nessuno lo nega. Ma si è comportato in un modo singolare. Cominciamo a focalizzare questo comportamento del Pacciani perché ci servirà man mano che andremo avanti. Come si è comportato? Man mano che l'accusa gli contestava particolari anche insignificanti, fatti che avevano un modesto valore indiziario che correttamente l'accusa gli contestava, l'imputato dimostrava un interesse a difendersi: un interesse particolare su tutto. Prima condotta: io mi difendo perché quello che tu mi contesti ti voglio dimostrare che non ha alcun significato contro di me. Man mano, poi, che l'accusa faceva le sue verifiche, i suoi riscontri, sulla base di ciò che Pacciani aveva detto circa la validità, circa l'importanza del dato indiziario da contestare che veniva contestato, quando si accorgeva di essere stato messo in un imbuto, Pacciani, stranamente, smetteva di contestare e diceva: 'Calma, la cosa non mi interessa. Non è un indizio nei miei confronti; è un indizio, è un fatto, è una circostanza che avete messo voi. Che qualcuno ha costruito. È un trucco', dimostrando come, in un secondo momento, quando era per così dire in corner non aveva altra difesa che quello di addebitare ad altri la circostanza importante, a quel punto perché era verificata indiziaria, nei suoi confronti. Non la contestava più, ma diceva: 'non mi riguarda'. Su tutti gli elementi di accusa, dai più piccoli, come dicevo, a quelli man mano più importanti, la difesa in un primo momento è stata attenta, sicura, da uomo intelligente. Nel momento in cui il particolare indiziario, la circostanza diventava per lui pesante, 'attenzione, la cosa non mi interessa, è un trucco, qualcuno mi vuole male, non riguarda me'. Lo vedremo nei particolari più avanti. È singolare, questo è il primo punto. Teniamolo ben presente fin d'ora, soprattutto quando ci farà, risponderà all'interrogatorio. È singolare in proposito come il Pacciani, anche di fronte a fatti per i quali è già stato giudicato - mi riferisco in particolare all'episodio relativo al processo che egli ha avuto per le violenze alle figlie, nel quale le prove sono state schiaccianti, lo vedrete voi quando vedrete quella sentenza, quando soprattutto sentirete le figlie - Pacciani ha continuato a dire: 'sono loro che raccontano questo, non è vero nulla'. Continuando quindi a negare l'evidenza su fatti talmente provati, diversi da quello per cui si procede oggi, da farci capire come la attendibilità delle dichiarazioni dell'imputato su qualsiasi elemento dell'accusa, è assolutamente nullo. È un suo diritto di negare, però il fatto che prima si difenda e poi ci dica 'no, non è cosa che mi riguarda', deve essere tenuto all'attenzione della Corte fin da ora, in tutti gli atti che vi proporremo. Quando le figlie ci raccontano e vi racconteranno, sono chiamate come testi - quali sono state, nei loro confronti, le sue anomale condotte sessuali, le sue gite notturne, le soste nelle piazzole al buio di notte, davanti a queste chiare, univoche dichiarazioni - portate già in un processo per il quale c'è già un giudicato - Pacciani continua a dire 'sono tutte frottole, non è vero'. Questi sono i principali elementi che caratterizzano questo processo, che lo rendono sicuramente singolare per questi motivi; unico, per la storia criminale del nostro Paese; forse, con rari precedenti nel mondo e se questi elementi hanno reso l'indagine, l'indagine dico, per vari aspetti difficile per gli inquirenti, non meno difficile, signori Giudici, appare oggi il compito di coloro che sono chiamati a giudicare.Il vostro compito, signori Giudici, come lo è stato quello del rappresentante dell'accusa, del Pubblico Ministero, dell'ufficio del Pubblico Ministero, il vostro compito signori è indubbiamente difficile. Per questi motivi e per queste difficoltà intrinseche è richiesta a tutte le parti, a tutti loro, la massima attenzione, la massima cautela. La chiediamo noi per primi nella valutazione dell'enorme quantità di materiale indiziario raccolto e soprattutto per quello ancora da raccogliere, o da verificare in sede di dibattimento. Perché la storia più che venticinquennale di questi fatti, o meglio, di questa Beretta calibro 22 della serie 70 che uccide coppie appartate, ce lo dimostra quanto sia necessaria l'attenzione e la cautela di tutti. Sicuramente, signori non lo neghiamo, sono stati compiuti errori di impostazione di indagine. Lo sappiamo tutti. Sono state indagate persone poi prosciolte. Forse ci sono alcuni aspetti della vicenda che non sono stati approfonditi a sufficienza. Noi crediamo, come accusa, di aver fatto il massimo, ma c'è, appunto per questo, l'istruttoria dibattimentale che consente a noi parti, e a voi Giudici, con il nuovo rito, di colmare eventuali lacune. Oggi, però, il P.M. da questo momento è in grado di dirvi: sì, occorre la massima attenzione nella valutazione delle prove, nella raccolta delle prove. Sì, è vero, siamo di fronte a un processo indiziario difficile e complesso, ma c'è un dato su cui dovrete voi necessariamente convenire con il P.M. al termine dell'istruttoria dibattimentale. Cioè, gli indizi ad oggi raccolti nella fase delle indagini, sono numerosi, sono gravi, sono precisi, sono univoci, sono concordanti. Sono indizi che convergono tutti sull'odierno imputato - su Pietro Pacciani - come autore di quei delitti. Su questo 'povero agnelluccio', su questo 'padre di famiglia che non ha mai fatto male a nessuno', come ama dipingersi a voce e nei numerosi memoriali che ha mandato nelle fasi delle indagini. Se il processo non riuscirà a dimostrare questo,cioè che questi indizi sono tanti, numerosi, concordanti, univoci, come io credo, stiano tranquille tutte le parti. Stiano pure tranquilli i difensori; stia tranquillo l'imputato. Se ciò non avverrà, il P.M., al momento opportuno, saprà trarre le dovute conseguenze. Oggi, ripeto, sono indizi che come cercherò in breve di dimostrare e di riassumere al solo fine della richiesta dei mezzi di prova che mi accingo a chiedervi, sono indizi che mettono l'imputato Pacciani davanti ad una responsabilità enorme. Ci direte voi, al momento opportuno, con la vostra decisione, se sono fondati o meno. Sono indizi relativi a circostanze in relazione alle quali, fino ad oggi, o meglio fino all'udienza preliminare, Pietro Pacciani non ha inteso dare la benché minima, credibile, verificabile, controllabile, esauriente, diversa spiegazione. Davanti alla contestazione di circostanze indizianti, Pacciani si è comportato nel modo che abbiamo visto. Non ha inteso dimostrare in alcun modo come tali circostanze potevano perdere quel carattere a suo carico. Si è sempre rifiutato di negare persino l'evidenza. Sono indizi, ricordiamolo, che tra l'altro sono sintetizzati nel decreto che dispone il rinvio a giudizio del 15 gennaio, e questo è estremamente importante, ricordiamolo, perché, negli atti del processo, sono stati già valutati questi indizi dal Tribunale della Libertà, ovviamente a un fine completamente diverso, non certo responsabilità, non certo condanna, ma al solo fine della verifica dei presupposti per il mantenimento della custodia cautelare che era stata applicata a Pietro Pacciani, e, dicevo, in quella sede il Tribunale della Libertà, a questo fine, ha confermato, non solo il provvedimento cautelare, ma ovviamente la sussistenza di quegli indizi. Secondo elemento - sempre importante dal punto di vista del materiale indiziario e della verifica ad oggi della sussistenza di quel materiale - quella decisione del Tribunale della Libertà è stata impugnata presso la Corte di Cassazione la quale ha confermato interamente, il 14/5/93, la motivazione del Tribunale della Libertà. È un provvedimento, quello della Corte di Cassazione - che è negli atti - nel quale, con una motivazione ampia, vengono riassunti ed evidenziati dalla stessa Corte di Cassazione – in quel procedimento, a quel limitato fine – come quegli indizi, che oggi il P.M. vi porta, siano estremamente importanti. In quel momento erano un certo numero - la Corte di Cassazione li riassume in otto elementi indizianti - li distingue, a un fine di quella motivazione, in quattro maggiormente indizianti, altri indizi semplici. Vedremo col tempo, col dibattimento, nei dettagli, questo materiale e queste valutazioni già fatte dalla suprema Corte. Fatta questa premessa necessaria, vediamo come intende procedere il P.M. nel fornire la prova a voi della responsabilità dell'imputato per i fatti di cui è accusato. Un discorso sul metodo: il criterio è quello cronologico. Lo potete vedere già dalla lista testi; cercherò di spiegarmi perché, se ci si spiega prima è poi più facile procedere, è poi più facile capire man mano che si va avanti. Il criterio, dicevo, è quello cronologico. Occorre innanzitutto dare la prova dei fatti, la prova dei delitti. In secondo luogo si evidenzierà, in un secondo momento, come e perché si è indagato su Pietro Pacciani. In terzo luogo, in un terzo momento, sarà affrontato l'argomento più importante: si darà la prova della sussistenza di quegli indizi. Questi sono i tre momenti in cui intendiamo andare avanti. Vediamo in primo luogo i fatti. I fatti per i quali la prova è sicuramente più semplice. Perché il fatto, o meglio i fatti, delitti e omicidio, nella loro devastante gravità, sono estremamente semplici da provare. Tale prova è già negli atti del dibattimento perché sul punto vi sono numerosi atti irripetibili. Ci sono i verbali dei sopralluoghi eseguiti a volte dalla Polizia Giudiziaria; in alcuni casi dalla Polizia Scientifica che ha permesso di acquisire elementi più specifici su come gli investigatori si recarono sul luogo, cosa videro, come repertarono gli oggetti che trovarono sul posto. Ci sono già i verbali delle autopsie eseguite dai medici legali. Ci sono, su questo punto, atti irripetibili, ma ci sono soprattutto - e sono chiamati come testi, oggi - coloro che sono state le prime persone, gli ufficiali di Polizia Giudiziaria, i medici, che arrivarono sul luogo, che eseguirono le autopsie. Se questo è il criterio in cui si intende procedere, cioè criterio cronologico, qual è il mezzo che si intende usare per ricostruire questi fatti? Soprattutto per facilitare quel ricordo che, come abbiamo visto all'inizio, può darsi sia difficile per i testimoni, per fatti così lontani. Il mezzo che intendiamo usare è quello di valorizzare al massimo la prova documentale; di valorizzare al massimo la documentazione fotografica che fu acquisita al momento dei fatti. Se la Corte lo consentirà, se lo riterrà idoneo e opportuno, attraverso quello schermo che è alla vostra destra, cercheremo, non solo di mostrarvi le foto in modo che tutti le possano vedere ingrandite al massimo, ma cercheremo, con quello schermo, di ingrandire i particolari per vedere come alcuni reperti si trovavano sul luogo del delitto; come - mi riferisco ai bossoli - si trovassero in una certa posizione o in un'altra. Se sarà possibile, se il tempo ce lo consentirà, con questo metodo inizieremo oggi stesso. Occorre però evidenziare subito, già da ora, come su tali punti, i fatti - stiamo parlando per ora soltanto dei fatti - vi sono alcune circostanze relative a questi omicidi, o meglio agli eventi, che costituiscono in realtà, già da ora, elementi oramai certi e sicuri. Mi riferisco al fatto, processo indiziario, ma sui fatti, che obiettivamente l'imputato non contesta, abbiamo elementi sicuri che non possono essere messi in discussione dopo 26 anni di indagine. Si tratta di elementi certi, sul fatto, importantissimi – lo vediamo fra un attimo - che sono già provati con prove documentali, cioè con quegli atti irripetibili che dicevo: le foto e i rilievi. Sono prove documentali sul fatto che evidenziano un dato, e cioè che in tutti gli otto duplici omicidi: primo, ha sparato la stessa arma; secondo, sono state usate le stesse cartucce, sarà sufficiente, al di là delle perizie, guardare le macro fotografie su tutti i bossoli per vedere quanto questa verità è oggi incontrovertibile, stessa arma fin dal '68; secondo elemento comune, sono le caratteristiche ambientali relative ai luoghi ed alle vittime. Anche questo è importante, man mano vedremo il perché. Ricordiamocelo soltanto, è un elemento caratterizzante. Cioè, si tratta di luoghi notturni; si tratta di coppie in atteggiamenti intimi, appartati. Altro punto che caratterizza i fatti e che è un dato pacifico - vedremo perché fra breve teniamolo presente oltre l'arma - questo è importantissimo - è che in molti degli omicidi dal '68 in poi, è stato sempre usato uno strumento da punta e da taglio. In diversi casi si è avuta anche l'asportazione di parti anatomiche. Vediamoli questi dettagli perché io chiedo che siano sentiti i periti che si occuparono, a suo tempo in occasione di ogni omicidio, e degli accertamenti balistici e degli accertamenti medico-legali perché su questo punto, che è il momento iniziale del vostro lavoro, che ci serve per capire come si tratta di un'unica serie di fatti. Intendo dimostrare che esiste la prova della unicità dell'autore dei delitti. Anche questo è un dato che va provato, per me la prova è documentale, teniamolo presente. Perché unicità dell'autore? Perché? Partiamo dall'arma: sull'arma occorre fare un discorso molto specifico perché l'arma, essendo l'unica, unica l'arma usata, è lo strumento, l'elemento oggettivo che caratterizza e che condiziona comunque la vostra decisione; perché è ovvio: se in tutti gli omicidi è stata usata sempre la stessa arma, anche gli indizi raccolti in relazione a un singolo omicidio, pesano sull'imputato per tutti gli altri. Questa è una circostanza relativa a un dato di fatto. È un elemento che li lega. L'altro elemento che li lega lo vedremo poi fra breve, lo anticipo soltanto - una volta visto che l'arma è unica - è dato dal fatto che noi possiamo essere sicuri che, dagli accertamenti medico-legali eseguiti, risulta che l'autore delle escissioni col coltello di parti anatomiche dei cadaveri di sesso femminile è unico. Quindi: unicità dell'arma, unicità dell'azione di colui che ha fatto quelle escissioni. Teniamo presente, lo sviluppiamo fra un po', sempre ai fini della prova. Torniamo all'arma: perché l'arma ci interessa? Perché l'arma è importante? Lo immaginate, lo sapete. Affrontiamolo subito questo argomento di cui poi cercheremo di dare prove, di svilupparlo. Non si può negare, non lo neghiamo, che per il primo delitto dei quali oggi è accusato Pietro Pacciani, del 1968, vi è già stato un processo - abbiamo la sentenza in atti - per il quale è stato condannato come responsabile di quel delitto Stefano Mele. È una circostanza, lo notiamo tutti, che è in parziale contrasto con l'odierna tesi accusatoria. Allora vi chiedo un attimo di particolare attenzione su questo punto, perché di quell'omicidio, di cui c'è già un condannato, che ha espiato la pena fra l'altro, risponde anche Pietro Pacciani oggi; e per quell'omicidio il P.M. vuole evidenziare oggi degli elementi - lo farà poi con i mezzi di prova che ha chiesto - nel dettaglio. Il primo elemento per quell'omicidio, che vorrei teneste presente fin da ora al fine di lavorare meglio quando vi saranno fornite le prove, è questo: si è trattato sì di una condanna di Stefano Mele, ma è una condanna che oggi appare non in linea - mi limito a dire questo - non in linea con il reale svolgimento dei fatti del 1968 quali sono già provati negli atti del dibattimento. Mi spiego. Perché dico questo, che quella condanna non è in linea? Perché ci sono delle circostanze di fatto, relative a quel primo omicidio, che sono talmente importanti che non possono essere tenute presenti nel momento in cui il P.M. vi chiede di fornire le prove per quell'omicidio. E quali sono? Primo: per l'omicidio del 1968 si arrivò al riconoscimento della colpevolezza di Stefano Mele, soprattutto, dico io, esclusivamente perché Stefano Mele confessò il delitto. Confessò il delitto e fu subito creduto. Questo è importante: confessione e si credette. C'erano motivi per crederlo allora, ovviamente. Ma questo è l'elemento, Stefano Mele confessa, viene creduto. Contestualmente a quella confessione - teniamolo presente - Stefano Mele accusò, in tempi diversi e successivi, uno dietro all'altro in momenti, nello stretto giro di poche ore, accusò altre persone come autori, a volte da soli o come complici. In questa parte del suo racconto, della sua confessione, non fu creduto. Strano. Per una parte si crede e per un'altra parte non si crede. Vediamo perché. Nella stessa circostanza di quella confessione, non si pensò, non si valutò neppure che, mentre calunniava terzi - perché fu condannato per calunnia per quelle accuse fatte agli altri suoi complici - poteva, bisognava valutarlo, anche commettere un'autocalunnia. Poteva cioè accusare se stesso di fatti per i quali era innocente. Questa valutazione non fu fatta, anzi riportò la condanna per calunnia e la condanna per quell'omicidio sulla base di un racconto che fece insieme. Cioè, nella stessa confessione disse due cose: su una fu creduto e su altre no. Noi lo prendiamo come dato di fatto. Andiamo avanti perché non è questo che interessa, non è questo che io vi voglio mettere oggi davanti perché voglio provare. Vediamo perché questa confessione non è in linea con i fatti oggettivi provati. Perché? Innanzitutto quella confessione ebbe una durata brevissima. Durò poche ore, pochi giorni, in quanto subito dopo, subito dopo la confessione il Mele negò sempre. Confessò una sola volta, un solo verbale, poi ha sempre negato fino al giudizio di Cassazione, fino al giudizio in cui la Cassazione, dopo che la Cassazione aveva rimandato a atti a altra Corte d'Appello perché si rifacesse il primo processo di Appello, non solo il processo di primo grado, negò di aver fatto quel delitto. La cosa in sé non ha ovviamente grande importanza, può accadere, anche se è raro. Dobbiamo ammetterlo che un imputato che confessa, la confessione abbia una breve durata e subito dopo l'imputato che ha confessato neghi, dia elementi per essere creduto sul fatto che non c'era e non gli sia dato spazio. Ma perché? Perché dobbiamo tenere presente un altro elemento per quella confessione. Contestualmente, il Mele, che confessò, che tenne quella condotta anomala, calunniò e disse qualcosa a suo carico, il Mele in quel momento fu riconosciuto seminfermo di mente. Quindi abbiamo confessione subito ritrattata da parte di un seminfermo di mente. Ma allora dovremmo verificare, innanzitutto, per levare i dubbi su quel primo omicidio, se facciamo bene oggi a indagare, o meglio, a aver tratto a giudizio un'altra persona su quell'omicidio, dobbiamo verificare innanzitutto quali furono le circostanze obiettive - perché la credibilità del Mele è zero - quali furono le circostanze obiettive relative a quel delitto. Perché così, circostanze obiettive, confessione, possiamo vedere quanto si fece bene a crederlo. 

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