venerdì 12 aprile 2013

Michele Giuttari - Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 25 giugno 1997 - Settima parte

Segue dalla sesta parte.

M.G.: Ci sono riscontri molto precisi del collegamento tra Vinci Francesco - che negli anni passati aveva costituito oggetto per lunghi anni di indagine, quando si seguiva la cosiddetta "pista sarda" - riscontri precisi ai rapporti tra Vinci Francesco e Pacciani Pietro; tra Vinci Francesco e Indovino salvatore. Indovino Salvatore, il mago di via di Faltignano di cui ho parlato nella precedente testimonianza, la cui casa era frequentata da un gruppetto di persone tra cui, dalle testimonianze in atti, anche da Vanni e da Pacciani. Quali sono, allora, queste dichiarazioni, questi riscontri sul collegamento? Riscontri che danno attendibilità, innanzitutto, a quello che racconta Sgangarella; le dichiarazioni di Sgangarella le posso citare...
P.M.: È un teste e quindi... Nei limiti in cui si devono... 
M.G.: È stato sentito da me; è un detenuto. Si trovava, nell'occasione in cui l'ho sentito, sempre su delega del Pubblico Ministero, ristretto nel carcere di Sollicciano, una condanna per un fatto gravissimo: aveva stuprato e ucciso una bambina di otto anni. Era stato per lungo periodo della detenzione ristretto nel centro clinico di Sollicciano. Aveva svolto l'attività di scrivano. Aveva, quindi, avuto modo e occasione di muoversi liberamente all'interno del centro e di parlare con i detenuti e scrivere anche loro lettere. Aveva conosciuto il Pacciani Pietro. Era stato detenuto in celle anche vicine, sia durante la prima carcerazione del Pacciani, quando era sotto processo per la violenza alle figlie, quindi dal '97 al '91, sia durante la seconda carcerazione del Pacciani, quando era imputato dei delitti attribuibili al "mostro”, quindi fino agli anni '94-95. Sgangarella viene sentito in più occasioni nel mese di maggio o giugno dell'anno scorso, di giugno, mese di giugno del 1996. In quelle occasioni riferiva sia dei suoi ottimi rapporti durante la detenzione con Pacciani, dicendo che l'aveva visto leggere, scrivere tante lettere tra cui anche lettere ad un suo amico che faceva il postino, ad un suo ottimo amico; anzi, gli aveva detto il Pacciani: "questo postino è il mio migliore amico". Riferiva, poi, che diverse cose che riguardavano il Pacciani, lui l'aveva apprese dal Vinci Francesco - ecco, il collegamento - perchè in carcere e la circostanza poi è riscontrata positivamente per i periodi di codetenzione, aveva conosciuto il Vinci Francesco. II quale, all'epoca, era imputato per i delitti del "mostro", era comunque oggetto di indagine per i delitti del "mostro". Gli aveva fatto delle confidenze; gli aveva riferito cose che riguardavano il Pacciani; gli aveva detto che aveva conosciuto molti anni prima, circa dieci anni prima, il Pacciani; aveva frequentato il Pacciani; con Pacciani erano stati anche a fare delle riunioni, le famose sedute in un casolare di campagna. Segnalava, poi, che in quel periodo il Vinci era particolarmente depresso. Gli aveva confidato che lui stava pagando per gli amici che lo avevano abbandonato: piangeva e temeva di essere ucciso dai suoi amici. Queste circostanze, vedremo, sono riscontrate da altri testi. Lo stato di preoccupazione del Vinci, lo stato depressivo del Vinci, di cui parla Sgangarella, è riscontrato positivamente da Don Cuba - parroco di Sollicciano - che ho sentito il 21 giugno del 1996 e tra le cose che mi ha riferito, ha riferito appunto che aveva conosciuto il Vinci Francesco in carcere e che era depresso: 'tanto' - dice don Cuba - 'che si sbatteva la testa anche al muro, perché implicato, imputato, oggetto di indagine per i delitti attribuibili al "mostro"'. Stato depressivo di cui vi parla Sgangarella, che viene riscontrato positivamente oltre che da don Cuba anche da quello che era stato forse uno dei migliori amici del Vinci Francesco: Giovanni Calamosca - anche lui, negli anni, imputato e poi scagionato per i delitti attribuibili al "mostro"; nel 1985 era stato imputato - e che ho sentito nel 1996 e che conferma lo stato di forte preoccupazione, lo stato depressivo del Vinci. Il quale, pochi giorni prima di essere arrestato, perché ricercato, a casa proprio del Calamosca il 15 agosto 1982, gli aveva manifestato queste sue preoccupazioni, gli aveva fatto delle confidenze, soprattutto sul delito del '68 e gli aveva chiesto di poter ottenere un passaporto perché tendeva a andare lontano dall'Italia. Sulla testimonianza di Calamosca tornerò oltre. Comunque, già anche il Calamosca conferma positivamente questo stato di preoccupazione, lepressivo, per le vicende per le quali all'epoca ira indagato e imputato il Vinci, e di cui parla Sgangarella. L'attendibilità di Sgangarella, per altro, nei successivi accertamenti era chiara; emergeva anche da fatti che risultavano, da fatti obiettivi che risultavano in epoca non sospetta. Sgangarella, infatti, a proposito dei suoi rapporti, della sua amicizia che aveva instaurato con Pacciami in carcere, amicizia che aveva portato il Pacciani a promettere a Sgangarella una casa in dono, prima che il Pacciani venisse scarcerato per la questione delle figlie nel '91 - e questa circostanza della casa in dono promessa da Pacciani viene confermata anche da don Cuba nella deposizione del 21 giugno 796 - Sgangarella, nel chiarire questi rapporti, riferisce di una sua visita fatta a casa di Pacciani insieme a don Cuba- e ad altro detenuto - Rescigno, di nome Rescigno, - pochi giorni dopo la scarcerazione di Pacciani; quando venne scarcerato per la questione delle figlie. E dice, a proposito di questa visita: "Mi colpi in modo particolare l'atteggiamento tenuto nella circostanza dal Pacciani, perché era un comportamento estremamente di diffidenza nei miei riguardi: non faceva altro che controllare i miei movimenti, che seguire dove io andavo. Gli avevo chiesto di andare nel bagno, volle entrare prima lui; rimase parecchio tempo, tanto che io dovetti andare fuori, per fare i miei bisogni. Mi colpi molto questo suo atteggiamento". Ebbene, Sgangarella - e questo dimostra la bontà del discorso di Sgangarella - mi riferisce queste cose nel giugno del '96, ma agli atti risultano dei riscontri inequivocabili, chiari, di quello che sostiene e che racconta Sgangarella; riscontri esistenti già nel 1992 ed acquisiti nel corso di un'attività riservata di intercettazione tra presenti, effettuata dalla Polizia in quella data nell'abitazione di Pacciani. Quali sono questi riscontri? Il Pacciani, il 7 di gennaio - il 7, sottolineo la data - il 7 gennaio 1992 nella sua abitazione, colloquiando a lungo - è una lunghissima conversazione - con il dottor Perugini, che all'epoca si interessava di queste indagini, raccontava al funzionario della visita ricevuta pochi giorni prima - e in effetti risulta, sempre da quell'attività, che aveva ricevuto la visita il 2 gennaio '92 - la visita di don Cuba e di questo detenuto che chiama "Scangarella". Dice: "Uno del sud che sta dentro, con tanti anni di carcere, perché ha ucciso una bambina".
Presidente: Perché gliene parla?
M.G.: Gliene parla perché il Pacciani aveva letto su un quotidiano che c'era un detenuto che aveva tanti anni da fare, che aveva notizie sulla pistola del "mostro".E quindi dice al funzionario: "È venuto questo a casa mia, portato da don Cuba. Si sono intrattenuti qua, abbiamo cercato di mettere in moto la mia macchina che era difettosa e non siamo riusciti a metterla in moto. Io ho avuto paura che mi mettesse, questo ergastolano, un gingillo" lo chiamava Pacciani - "nell'orto". Un proiettile nell'orto. "E gli andetti dietro", dice testuale nella conversazione. "Lo seguii, perché pensavo che potesse mettermi, nascondermi nell'orto un proiettile, un gingillo". Ebbene, Sgangarella mi riferiva nel '96: "Mi colpi l'atteggiamento di Pacciani in quell'occasione che mi seguiva e mi veniva dietro". Quindi, nel '92 già c'è questo riscontro all'attendibilità delle dichiarazioni di Sgangarella. Il Pacciani...
Avvocato Pepi: Scusi Presidente, avvocato Pepi. Mi sembra che il teste non possa dire se un teste è attendibile o meno, perché è un giudizio...
Presidente: Va be'...
Avvocato Pepi: Si attenga ai fatti e basta.
M.G.: Sì, mi scusi.
Presidente: Non dia giudizi.
M.G.: No, no. Le chiedo scusa, signor Presidente.
Presidente: Riferisca i fatti nudi e crudi.
M.G.: Sì, sì i fatti.
Presidente: Perché si esprime un giudizio, allora...
M.G.: I fatti, va bene. D'accordo. È in sé la cosa. I fatti, quindi, sono questi: che già alla data del 7 gennaio '92, in questa lunga conversazione con il funzionario, Pacciani sospettava Sgangarella quale persona che sapeva notizie sulla pistola del "mostro"...
Avvocato Pepi: Presidente, altra opposizione. Mi scusi, ma questa è una valutazione.
M.G.: No, questo risulta dall'intercettazione, non è una valutazione.
P.M.: È il contenuto...
M.G.: È il contenuto di una conversazione...
Presidente: Di una conversazione con Perugini. Poi sentiremo anche il Perugini su questo punto.
M.G.: Bene.
Presidente: Va bene. 
P.M: Fra l'altro è un'intercettazione ambientale.
Presidente: Si, sì, va bene.
M.G.: E quindi, sospettava questo detenuto...
Avvocato Pepi: Intercettazione ambientale che non mi sembra nemmeno sia fra gli atti depositati.
Presidente: Si può sentire il Perugini, si può acquisire sempre.
P.M.: Noi la acquisiamo, anzi, ne faccio espressa richiesta delle due cose: sia di sentire il dottor Perugini sul punto, se necessario, o comunque, prima di questo elemento successivo, acquisiamo - e ne chiedo l'acquisizione ex 238 - di quegli atti che fanno parte dell 'altro procedimento. Grazie.
M.G.: Il fatto obiettivo è che il 7 gennaio ' 92 - c'è questa conversazione dove il Pacciani manifesta questo suo timore, questa sua preoccupazione su un episodio, su un fatto specifico - una cartuccia nascosta nell'orto - che poi, il 29 aprile '92...
Presidente: No, no, scusi, non ho capito questo passaggio qui, ora.
M.G.: Cioè, il fatto obiettivo, signor Presidente, è che il 7 gennaio del 1992 - 7 gennaio 1992 - il Pacciani, parlando col funzionario, sospetta, riferisce di temere che questo detenuto Sgangarella, di cui lui aveva sospettato potesse essere il detenuto citato nel giornale in cui nel giornale non c'era il nome, che aveva notizie sulla pistola del "mostro", e che aveva tanti anni di carcere da fare ed era detenuto a Sollicciano, di sospettarlo che potesse mettere una cartuccia nell'orto. Il 7 gennaio '92. Dice: 'tant'è, che quando venne qua con don Cuba, sapendo io che sul giornale c'era questo detenuto che sapeva notizie sulla pistola e sospettando...' - questo lo dice nella telefonata, è un dato obiettivo, sospettando Sgangarella 'quando venne qua non lo lasciai un attimo, non lo persi d'occhio un attimo, gli andetti sempre dietro'. Questo è un dato obiettivo. Anticipava, quindi, quello che poi il 29 aprile del '92, a distanza quasi di quattro mesi, effettivamente là si è trovato nell'orto, la cartuccia. Questo è un altro dato obiettivo. Quindi, sulle dichiarazioni di Sgangarella rilevavo che già dal '92 c'erano dati obiettivi che confermavano le circostanze, o alcune circostanze, che Sgangarella mi riferiva nel '96, nel giugno del '96. Altri scontri. Il don Cuba,che sentito, come dicevo prima, il 21 giugno del '96, effettivamente diceva che i rapporti tra Pacciani e Sgangarella ìn carcere erano ottimi,perché l'aveva visto lui. Don Cuba frequentava e frequenta il carcere di Sollicciano. Sgangarella, diceva don Cuba, faceva lo scrivano e poteva quindi incontrarsi giornalmente con Pacciani. Altro riscontro. Un altro detenuto, che dagli atti risultava essere stato ristretto anche nella stessa cella con Pacciani, e si chiama Bocchicchio Aldo.
Presidente: Come?
M.G.: Bocchicchio Aldo, Bocchicchio, doppia C, Aldo: sentito il 18 giugno, mi dichiarava che Pacciani, durante il periodo di comune detenzione, non aveva confidenza con nessuno tranne che con lo Sgangarella, tranne che con lo scrivano, non fa il nome di Sgangarella, mi correggo. Tranne che con lo scrivano. Quindi altro riscontro sui rapporti tra i due. Altro riscontro documentale, la corrispondenza - anche di natura riservata non tramite canali ufficiali del carcere - intercorsa tra Sgangarella e Pacciani dal mio ufficio rinvenuta nella perquisizione, eseguita su delega del Pubblico Ministero, nel domicilio di suor Elisabetta, Mazzari o Mazzàri, Màzzari Anna Maria. In quell'occasione la suora, tra le cose di Pacciani, custodiva anche questa corrispondenza, che non era passata dai canali ufficiali carcerari, tra i due, tra Pacciani e Sgangarella.
Segue...

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