venerdì 22 maggio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 19 febbraio 1998 - Nona parte

Segue dall'ottava parte

P.M.: Ma quello che cercavo di sottolineare poco fa e che ora è necessario ribadire è che, non solo ha fatto una confessione nel momento delle indagini, nell'incidente probatorio, ma è venuto qui e si è fatto vedere in viso, si è fatto interrogare. Voi avete avuto la possibilità di vederlo, le parti di interrogarlo, controinterrogarlo, contestargli quel che gli dovevano contestare. Ma avete avuto la possibilità di vederlo. Non è oggi qui, ma lui, dopo l'incidente probatorio, il suo difensore secondo me aveva tutto il diritto di dire: beh, ora la prova c'è già, ha confessato, non facciamolo venire. Io, se al difensore di Lotti fosse venuto questo dubbio, io penso che sarebbe stato un dubbio più che legittimo. No, Lotti è venuto qua, ha risposto per sei udienze al vostro interrogatorio. Vorrei poi soffermarmi a lungo su questo fatto. Ma è venuto qui. Cioè, non è che ha fatto dichiarazioni e se ne è stato in un angolo. No. Avete qualcosa da chiedermi? Non mi credete? Chiedetemelo, ve lo spiegherò. Questo ha fatto. È uno che viene qua, come minimo, a prendersi una condanna se voi lo crederete. Quindi è uno che in questa situazione si è messo su quella sedia per sei giorni e ha raccontato. Quindi abbiamo ben dire che oggi non è venuto. Però noi e voi avete tutti gli elementi per valutarlo. Si è fatto interrogare, non si è mai rifiutato. Nel corso del suo esame qualche volta ha detto: 'basta, non ce la faccio...'. No, subito dopo ha preso un bicchier d'acqua e ha continuato. Ha chiesto di riposarsi, gli faceva male la schiena, non gli faceva... Non ha importanza. Ha risposto a tutte le domande. Era anche lì un suo diritto dire: sentite, io ve l'ho detto. Quando l'interrogatorio e il controesame andava sugli stessi identici argomenti, se Lotti avesse detto: beh, queste domande me le avete già fatte, io me ne vado. Secondo me, essendo un imputato, un imputato - lo ricordo a me stesso ma lo ricordo anche a voi -aveva tutti i diritti. No. E' stato qua, presente fino all'ultimo a tutte le domande, fino a arrivare a un punto in cui chi gli faceva il controesame ha detto: 'basta, di Lotti non se ne può più, l'abbiamo sentito abbastanza'. Ecco, questo è il primo elemento che avete. Lo avete visto in viso. Avete avuto la possibilità di vedere cosa dice, di sentirlo con le vostre orecchie e di fargli le domande che volevate e che gli sono state fatte. E in tutto questo tempo, ripeto sei udienze non una, è sempre stato un atteggiamento lineare, costante, che vi permette ampiamente di apprezzare la portata del suo racconto. Ma abbiamo avuto anche la possibilità, sia attraverso l'esame che attraverso gli elementi oggettivi e le testimonianze acquisite, di valutare meglio il suo carattere. E questo, secondo me, è importante per avere la possibilità di capire le sue condotte tenute in questi anni, valutare chi è Lotti, che persona è. Voi vi accingete innanzitutto a emettere una sentenza in cui si vede Lotti imputato di alcuni delitti. Il Codice prevede che, nel valutare questo, dovete valutare la sua personalità innanzitutto: sia come credibilità, sia ai fini della valutazione complessiva, in termini di "tantundem" del suo comportamento. È una persona chiaramente chiusa, lo abbiamo visto, lo ha dimostrato in qualsiasi momento. È una persona isolata, isolatissima. A parte gli amici coinvolti in questa vicenda, sempre che non conosca nessuno, e non è poco. Cioè, chi conosce nella sua vita Lotti? Lo vedremo, abbiamo cercato di capirlo da chiunque, il giro è sempre quello. Sono questi. Sono queste quattro persone, cinque, tre, due, a seconda dei momenti storici. Chiaramente, non solo isolato, ma un uomo solo. Al di là di queste amicizie, se amicizie sono, è un arginato, è uno che ha un vissuto familiare particolarissimo- Teniamoli presenti tutti questi dati, tanto ci servono a un duplice scopo: per crederlo e per valutare il suo comportamento in termini finali. Ha un vissuto familiare talmente particolare - che è riportato nella consulenza e i periti, consulenti Fornari e Lagazzi ce lo hanno riferito in aula - che ha riferito a loro, e è nello loro relazione carte 15, dice: "Il mio passato familiare è questo. Ho vissuto in famiglia fino a 26 anni, sempre in casa. I miei non volevano che uscissi di sera, specie mio padre, non so neppure io perché". È uno che fino a 26 anni, nei tempi, diciamo, attuali, non lo lasciavano nemmeno uscire di casa a 26 anni. Così è nata la sua personalità, perché noi quella dobbiamo capire. Se la personalità è compatibile con il racconto. È uno che ha, lo avete sentito voi, un linguaggio elementare, si esprime al limite della comprensione. Ha un livello di istruzione bassissimo, mi sembra abbia raccontato quante volte ha ripetuto tante classi e poi a 14 anni ha smesso. Ha un'attività lavorativa, questa sì, ma di profilo talmente basso che, anche qui l'ha raccontato lui: "Facevo il manovale, poi ho fatto l'operaio alla draga, la maggior parte del tempo, spessissimo sono stato disoccupato". E sempre ai consulenti tecnici ha dipinto Lotti se stesso, Lotti si è dipinto così: "Ho lavorato per 16 anni e mezzo sotto l'acqua e all'umido e sono stati anni duri. Allora ero giovane, un mestiere non l'ho imparato, facevo quello che trovavo". Isolato, la famiglia è quel che è, questo è il lavoro. Tant'è che va poi ad abitare, da ultimo, in una comunità per assistenza ai bisognosi. Ma è una persona che ha difficoltà di tutti i tipi nei rapporti con gli altri. Si capisce, perché poi le amicizie sono quelle che sappiamo. È uno che ha rapporti pessimi con le donne. O meglio, rapporti difficili. Non mi permetto di giudicare, solo ai fini di questa valutazione. Ai consulenti tecnici darà due indicazioni secche e precise e una la darà in aula, per cui penso non ci sia necessità di dire altro e le sue frasi sono: "Non sono mai stato capace di far godere le donne". Questo va visto sotto il profilo che lui ha questa coscienza, al di là dei risvolti. Secondo: "Le donne le ho avute perché le pagavo". Questa è la sua filosofia, o autocoscienza sul problema. C'è un riscontro obiettivo in quella consulenza. E' affetto da "impotentia coeundi" di natura psicogena. Tutte queste cose ci servono, non ci servono, ai fini della valutazione: sono fatti, teniamolo presenti poi quando dovremo capire chi è questo signore e cosa ha fatto. Eh, volevo dire due parole sul linguaggio. Sul linguaggio di Lotti, che noi abbiamo conosciuto per quelle sei lunghe udienze, io devo dire, fare più di un'osservazione importante, perché vi è stato indicato dalla difesa del Vanni che questo signore al tipico atteggiamento e linguaggio di chi inventa. Vediamo un attimo i dati oggettivi e poi traiamo le conclusioni. Vi è stato detto in aula, dal difensore, con una certa enfasi, come spesso è accaduto in queste udienze, è uno che usa sempre "cosare", parla sempre di "cosare", è il tipico sostantivo e verbo che usano coloro che inventano. Allora esaminiamolo, perché io non voglio assolutamente pensare che, se ci sono degli argomenti che vengono usati dalla difesa, io non li prendo in considerazione. Tutti signori, perché non io li devo prendere in considerazione, voi. Io potrei anche esimermi, però lo faccio perché mi sembra un elemento obiettivo che tutti dobbiamo valutare. Dice "cosa" e "cosare" perché non sa, inventa. Vediamo il modo in cui adopra il proprio linguaggio. Io ho preso degli esempi nel suo esame, che sono chiarissimi, per capire che questo signore non conosce il 50% dei sostantivi della lingua italiana. Altro che inventa, non conosce nemmeno quelli per i quali deve raccontare cose che indubbiamente sa. Ad esempio, ne ho preso qualcuno, ma è indicativo sull'uso di "cosare". Quando gli viene chiesto: "Ma questa scatola che tu dici conteneva la pistola" - è una domanda del Presidente - "ma sei sicuro, ma dove la teneva?" Quindi già siamo in un'ottica in cui noi gli facciamo capire: ma spiegaci bene. Lui, testuali parole: "Pacciani quella scatola la riponeva in quel coso di legno con i chiodi dove si mettono le cose". Questo è lo scaffale. Ecco come usa "coso”. Ancora. Descrive una lampada portatile, che motivo avrebbe... La lampada portatile: “È una di queste cose per far luce, come si chiamano? Quelle che portano, così, per far luce quando gl'è buio”. Deve semplicemente dire una lampadina. Ma ancora. Gli viene chiesto di quell'appendi abiti dove lui ha visto quello spolverino di Vanni in casa. A qualunque scopo fosse in quella casa lo spolverino in questo momento non ha importanza. Non sa spiegare a voi di che cosa si tratta, cos'è un appendi abiti, il termine appendi abiti. E dice: "Sì, nel ripostiglio di Vanni c'è quel... uno di quei cosini apposta, quelle cose apposta, per tenere roba leggera. Quei cosi che poi si piegano e si mettono". Capite che qui non deve inventare nulla. Il suo esclusivo scopo è quello di spiegarvi cos'è uno scaffale, un'attaccapanni. La maggior parte delle volte il suo linguaggio è così. 

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