venerdì 27 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Undicesima parte

Segue dalla decima parte

Avvocato Filastò: Qui si comincia ad affrontare il tema dei riscontri al Lotti. Tenete presente che questo capitolo ora è sacro. E questo difensore comincia ad aprire questo capitolo, intitolato: "Mancati riscontri alla confessione di Lotti alla sua chiamata di correo." E comincio, quindi, dall’approfondire quella che è l'assenza di riscontro complessiva, globale, più I cospicua, più evidente in questo processo, al Lotti. Vale a dire la sua sostanziale inattendibilità, nel momento in cui la sua ricostruzione dei fatti mette in movimento questo gruppo. Sostituendosi, il Lotti, non soltanto — come ha detto il collega - al Giudice, ma anche al Giudice come perito dei periti. Ma lui è qui non solo testimone, è l'alfa o l'omega, ma è anche il perito. Con il suo bel faccione sorridente e largo, per modo di dire, lui è anche il perito. Perché il primo complesso di dati che io sottopongo alla vostra attenzione sono dati scientifici. E le opinioni circostanziate degli esperti che si sono occupati dei casi o meglio del caso in generale, riconducibile correttamente ad un'unità sotto un profilo concettuale non hanno espresso soltanto delle opinioni, come vi è stato detto. No. Hanno anche svolto, preliminarmente, un esame ed uno studio comparativo dei dati obiettivi dei vari casi. Intesa l'espressione nel suo significato letterale autentico, non come l'intende il dottor Giuttari, cioè come il contrario della soggettività. Come il contrario. Perché il dottor Giuttari parla della Frigo come di un dato obiettivo. No. Qui siamo all'elaborazione persino computerizzata, freddamente computerizzata di dati obiettivi, quella che hanno fatto i periti; obiettivi, nel senso del contrario della soggettività. Quella soggettività che fa dire alla Frigo che un boato viene trasformato — o per lo meno, se lo dice lei o il Pubblico Ministero, qualcuno lo dice - viene trasformato dalla eco in un boato, in un fragore. Quella soggettività che- fa dire a Lorenzo Nesi di aver visto il Vanni sbiancare. “In macchina, mentre stava in macchina, lui sbiancò." Della Ghiribelli Gabriella, ubriaca marcia - vero, come sempre era - che a distanza di dodici anni riconosce la piazzola di Vicchio. Dopo dodici anni quella là, che c'era andata da quelle parti, vero, come vedremo, da quelle parti, insieme al Lotti. "Imbriaca come un tegolo", così lei dice di essere sempre stata, in quel periodo di tempo lì; poi torna dopo dodici anni e dice: "Questa è la piazzola." Forse l'ha riconosciuta perché ora è trasformata in un piccolo, pietosissimo cimitero.
Presidente: Avvocato, è la Nicoletti.
Avvocato Filastò: Come?
Presidente: La piazzola...
Avvocato Filastò: Sì, ha ragione, è la Nicoletti. No, ma guardi... No, no, è proprio la Ghiribelli, anche, mi pare. Ora poi, lo vedremo meglio, perché questa è una parte che approfondirò dopo, in seguito. Comunque una delle due. "Briache" sono tutte e due, Presidente. Su questo non c'è dubbio. E, mi dispiace doverlo dire, del signor Renzo Rontini, soggettività anche la sua e della sua signora, che a distanza di undici anni riconosce il Vanni. E c'era da aspettarsi che al termine del "metabolismo lento", imboccata la strada giusta, trovati gli autori, finalmente afferrato il filo della matassa, tutto si dipanasse con facilità. Magari è stata trovata la calibro 22, oppure non si trova la calibro 22, ma si trova una traccia di essa: per dove è andata a finire, chi l'ha avuta, per quel che mani è passata, da dove proviene. E si trova poi, soprattutto, l'aspetto fondamentale che appartiene - come ho detto prima - alla struttura dell'accusa, il movente psichiatrico o psico-patologico. No, non si trova niente di tutto questo. Anzi. Lasciamo perdere Pacciani, che non viene periziato neppure lui. Ma Vanni? Vanni non si perizia, forse "per la paura di non trovarlo reo", come dice il Manzoni? C'è l'opposizione del Pubblico Ministero, e la persona "buono come il pane", come dice la Maria Grazia Vanni, ipodotato con i giramenti di testa già nell'87, che lo fanno dimettere dal fare il postino; una persona che non potrebbe essere più lontana da questi delitti, che non sa neppure guidare la macchina, che confonde il Mugello con un paesino, anche lui, non si perizia nemmen lui. Le istanze del difensore - ne ho fatte due: una secondo un'angolazione, una un'altra - tutte e due respinte. Ce l'ho. Se, voglio dire... la motivazione è stata nel senso: non ce n'era bisogno, perché non ce n'era bisogno. Sono d'accordo anche io, non ce n'era bisogno. Da un certo punto di vista, son periettamente d'accordo con chi avesse pensato che non ce n'era bisogno, da un certo punto di vista; ma da quell'altro no, eh. Da quell'altro, altroché se ce n'era bisogno. Quindi se si va a confrontare — perché ora va fatto questo lavoro - se si va a confrontare questa indagine con gli studi criminologici non astratti ma ben relazionati ai fatti, si trova un contrasto nettissimo. Qui, si avverte proprio questo scricchiolio tremendo, e quindi è catabolica anche questa indagine, nel suo complesso. E di tutte, anzi, questa indagine sugli "amici di merende", quella che si svolge nell'arco di questi ultimi due anni ma che raggiunge il suo acme, i suoi risultati più cospicui, più vistosi vale a dire. Pucci e Beta nel giro di un mese, febbraio 1996 è quella di tutte la più azzerante. Prima di tutto annulla il ragguardevole, prezioso, approfondito lavoro scientifico, su questo caso. "Improprio ricorso alla scienza"? Fino al punto, lo annulla al punto che il Pubblico Ministero — quando ne parla, di questo aspetto di questa inchiesta — è costretto a dire: "improprio ricorso alla scienza." Improprio? Evidentemente se lo definisce "improprio", ne sa più lui dell'FBI. Ora, mi permetta di dubitarne. Visto che quei signori, là da quelle parti, nel 1985 se la son vista con 5.500 morti da serial-killer. In un anno. E ne hanno fatta di esperienza! Ha ragione, devo una volta di più riconoscere la perfetta aderenza alla verità delle illuminazioni, dello storico del Diritto, professor Italo Mereu, che non mi stanco mai di citare in queste aule giudiziarie, che credo sia molto poco letto. Ed è un peccato, perché la sua "Storia dell'intolleranza in Europa", è il più bel libro di Diritto che io abbia mai letto. Grande storico del Diritto, Italo Mereu; quando dice, parla del "sospetto" che l'ambiente giudiziario italiano nutre per la scienza. Dell'isolamento in cui ci manteniamo tutti noi, anche io; in genere, cerco invece di aprire delle finestre di qua e di là, e sono da questo punto di vista, qui, visto un po' con fastidio, lo so. Benissimo. 'Tutte le citazioni che fa quell'uggioso'. Allora, il lavoro fatto dall'equipe De Fazio, Signori Giudici, è un lavoro che prima di tutto è uno studio dei fatti delitti, ed una analisi obiettiva, anzi, una osservazione comparativa di essi. Visti tutti, eh! Osservazione comparativa, allo scopo di evidenziare le affinità, le qualità comuni fino alla elaborazione computerizzata delle lesioni. Al termine di quell'elaborato voi trovate delle pagine che sono dei grafici in cui ci sono le figurine, e c'è l'impostazione, lì. Poi, dopo, lettera B, c'è l'ipotesi investigativa per restringere il campo dell'indagine, che individua una certa persona, un certo personaggio con certe caratteristiche. Ma dopo, però, eh. Su quella posso anche non essere d'accordo. Voglio dire, lì siamo sulle opinioni; ma la parte iniziale, quella che riguarda la analisi comparativa, lo studio dei fatti delitti: su quella no, eh! Su quella, no. Quella va vista, va approfondita; come va approfondita da quel punto di vista quel che ha detto il commissario Perugini , quel che ha detto il professor Bruno, quel che ha detto il dottor Nocentini, De Fazio , Galliani, Beduschi, Luberto, Pierini, Nocentini, Bruno, Perugini... Otto. Otto persone; tutti da buttare. Tutti da buttare? Tutti da scartare, nella vostra valutazione? No, non si può mica fare, eh. Qui no. Noi dobbiamo farla questa analisi. Un momento, per bere un goccio d'acqua.
(voce fuori microfono)
Avvocato Filastò: Allora, ho diviso questa analisi in diversi capitoletti, Uno l'ho intitolato, "in generale", sulle osservazioni a,volo di rondine... no, meno specifiche, fatte da questi signori. Uno l'ho intitolato sotto il profilo della eccezionalità di questi delitti. La loro eccezionalità, ergo, non ergo, ma sotto un profilo di probabilità, "singolarità”. Scendendo un po' più addentro da questo punto di vista, analisi di questi delitti, fatti obiettivi, sotto il profilo della loro ritualità". Poi, sotto il profilo del “perfezionamento”, vale a dire dell'esperienza precedente accumulata dall'autore - dall'autore - perché un'esperienza, una memoria muscolare come quella di cui parla il dottor Perugini, non si esporta in un gruppo, Perfezionamento. E poi, finalmente, sotto il profilo dei dati obiettivi medico-legali, con valore di prova. Definiti con "valore di prova" dal Professor De Fazio, che riguardano in particolare, le escissioni. Poi, le obiezioni, le confutazioni a queste loro analisi; e, infine, la comparazione di queste analisi, di queste osservazioni, valutazioni, con la ipotesi del gruppo. Ma cominciamo con una obiezione. Cominciamo con una obiezione del Presidente Ognibene, che avviene nei verbali del dibattimento del processo Pacciani, a fascicolo 76, pagina 51— 52. Dovreste averlo, perché riguarda la deposizione del teste De Fazio. Alla domanda del Presidente, domanda specifica se possa ipotizzarsi un accompagnatore che non partecipa ai delitti, e qui siamo al dibattimento del processo Pacciani, quando cioè queste ipotesi dei complici non ha proprio nessuno addentellato, eh, e però il Presidente questa idea ce l'ha già in testa, non c'è niente da fare. Tanto è vero... Basta vedere come ha interrogato il Mario, qui. Poi. lo vedremo. Il quale Mario l'ultima cosa che poteva fare era quella di mettersi a sedere; e, appena toccato con il sedere la sedia, prima che nessuno gli avesse chiesto nulla, dice: "Oh, io levato che far le merende con il Pacciani, un c'entro nulla." Ah, subito parte immediatamente la crisi, vero? Va be', ne parleremo. Va be', insomma, accidenti alle digressioni. Quindi, il De Fazio risponde: "Questo toglierebbe ogni sapore all'autore dei delitti, che noi abbiamo definito “su base sadico-sessuale”. E l'ipotesi della presenza concomitante di un'altra persona, che gli teneva la macchina, o gli reggeva la lampadina,, che gli faceva da palo -parole del Presidente- nel prospettare la domanda viene esclusa. Questa volta non da De Fazio, ma da Galliani che afferma: "Sarebbe stranissimo, difficilmente ipotizzabile; in quanto gli omicidi a sfondo sessuale commessi da più persone, due persone o più persone, vedono sempre la partecipazione di tutti i presenti, in misura minore o maggiore."
 Segue...

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